Quando non è tutto oro quello che brilla



    Quanti di noi non avranno pensato all’arcinota
favola di Esopo? Condizionamento, automatismo, risposta automatica.

    Certo questa favola ha un messaggio pedagogico forte
e condivisibile, ma fermiamoci un attimo a riflettere su questi due
simpatici animaletti campestri, che proprio in questi giorni di inizio
estate ci sono più familiari, perché più facile scoprirne la presenza
attorno a noi.

    La cicala, ormai passata alla storia come fannullona
perditempo, in altre culture, ad esempio quella cinese taoista è vista
come il simbolo della vita nuova dopo la morte, della
rigenerazione  del corpo e dello spirito: infatti questo
simpatico, ma anche ieratico animaletto, se ne sta intanato sotto terra
per diversi anni, come morto, per poi rivedere la  luce del sole
per una breve estate, durante la quale eleva il suo canto
ipnotico  all’astro che tanto ha sognato durante le lunghi notti
sotterranee. Anche per questo, forse,  la cultura greca dei
Misteri Orfici, ne fece la rappresentante del trionfo sulla morte,
della vita che vince sull’oblio.

    Pensandoci bene, ci sono molte "morti" o momenti in
cui ci sentiamo come sotterrati e stritolati in un buio pozzo nero,
senza la speranza di poterci risollevare, ecco siamo cicale in attresa
del sole, un pensiero, una analogia che la saggezza dei tempi ormai
andati ci consegna come momento di fiducia, di possibilità naturale,
come testimonianza degli infiniti, e a volte contraddittori, percorsi
che la Vita ci destina per raggiungere la nostra meta.

    Ma ci sono anche altri modi di morire, restando
tuttavia attivissimi: il morire a se stessi, resi disumani,
impersonali, meccanici, metallici, robotici, alla rincorsa del
risultato, del futuro, scordandoci il presente, scordandoci che il
nostro corpo innanzitutto vive nel presente e se viene troppo spesso
lanciato nel futuro o rimane a rimuginare sul passato, allora soffre e
ci farà soffrire.

    Le formiche, le operaie industriose, che sacrificano
l’individualità per il profitto comune, purtroppo, sacrificano anche la
propria autostima, la propria capacità critica, il proprio qui e ora
per rincorrere il meglio di domani, che però domani non arriva mai.

    Allora, in questa estate, aguzzate l’orecchio al
canto sublime delle cicale, lasciatevi trasportare da questa ode al
sole, alla vita che nasce, e ringraziate dentro di voi la possibilità,
che tutti abbiamo, di poter ancora scegliere da quale parte stare e di
quale melodia godere.

 "Di sotto le ali
la cicala lancia il suo canto quando
la vampa …
"

(Saffo)