Dopo
aver avanzato, ne L’origine dell’uomo, l’idea che l’uomo fosse evoluto
da un essere vivente simile alla scimmia, Darwin si dedicò alla ricerca
dei fossili che convalidassero la veridicità delle sue asserzioni. Alcuni
evoluzionisti, tuttavia, credettero che tali creature si potessero trovare
non solo nei fossili, ma, ancora viventi, in varie parti del mondo. Agli
inizi del XX secolo, le ricerche degli "anelli di transizione viventi"
condussero a degli sfortunati incidenti, il più crudele dei quali è quello
del pigmeo Ota Benga.
Ota Benga fu catturato
nel 1904 da un ricercatore evoluzionista nel Congo. Nella sua lingua, il
suo nome significa "amico". Egli aveva una moglie e due figli. Incatenato
e ingabbiato come un animale, venne portato negli USA, dove alcuni scienziati
lo esposero al pubblico alla Mostra Mondiale di St. Louis, insieme ad alcune
specie di scimmie. Fu presentato come "il vincolo transizionale più vicino
all’uomo". Due anni dopo, fu trasferito nello zoo del Bronx di New York,
dove venne esibito come uno dei "più antichi antenati dell’uomo", in compagnia
di alcuni scimpanzé, di un gorilla di nome Dinah e di un orang-utan detto
Dohung. Il dottor William T. Hornaday, il direttore evoluzionista dello
zoo, espresse in lunghi discorsi l’orgoglio di ospitare questa eccezionale
"forma transizionale" nel suo zoo e trattò Ota Benga come se fosse un comune
animale in gabbia. Non potendo sopportare oltre il trattamento a cui era
sottoposto, Ota Benga infine si suicidò