Un signore se ne stava andando ad un
appuntamento in una città sconosciuta, quando nel bel mezzo
della campagna la macchina gli si rompe. Si agita, si arrabbia,
quindi si calma un po’ e scende a dare un occhiata. Ad un tratto
nota un contadino, distante, in mezzo al campo, e gli inizia a
gridare: "Scusi lei, quanto tempo occorre per arrivare in città?". Ma il
contadino non risponde… Così, ancor più forte:
"Scusi lei! Quanto dista la città!"’. Ma ancora nulla, e
allora, sempre più forte: "Ma è sordo! Quanto
è lontana questa benedetta città!".

Ma ancora nulla. E allora, iniziando a correre si avvicina al
contadino. Quando è a pochi passi ormai da lui, gli fa: "Ma
sei sordo? Ti ho chiesto mille volte quanto tempo ci vuole per arrivare in città…". E il contadino senza esitazioni: "Occorrono 2 ore".

"Ma come, fino ad ora non hai mai parlato e adesso…"

"Bè – risponde il contadino – volevo solo vedere quanto
fossi veloce."

Fin qui abbiamo preso a prestito la storiella che il grande
Psichiatra e Psicoterapeuta G. O. Gabbard racconta ai suoi pazienti
quando gli chiedono: "Dottore, quanto può durare il mio
percorso terapeutico?"

Vorrei chiosare però suggerendo che accade più spesso
di quel che si pensi che una volta che ci ricordiamo che sappiamo
camminare, allora la macchina non è più, rotta o
integra che sia, l’unico nostro mezzo di trasporto, né la
città l’unica nostra meta possibile.